martedì 31 marzo 2015

Project Spartan: l'ennesimo flop di Microsoft?

L'era di Internet Explorer sembra giunta ormai al termine e il posto del tanto discusso browser sarà preso da Project Spartan, il cui arrivo è atteso senza non pochi pregiudizi. Infatti Microsoft in questi anni ci ha abituati ad una serie di flop, che ci fanno essere un po' sospettosi verso il nuovo browser.

project spartan
Microsoft si prepara al lancio del nuovo browser Project Spartan.


Chi detesta Internet Explorer alzi la mano, ma soprattutto si prepari a stappare lo spumante. È ormai definitiva la notizia che l'azienda di Redmond ha detto addio al vecchio e caro browser, che sarà rimpiazzato da Project Spartan, integrato con il nuovo sistema operativo Windows 10 che uscirà quest'estate. A 20 anni esatti dalla nascita dell'odiato browser, Microsoft decide di puntare su qualcosa di nuovo, per cercare di far cadere nel dimenticatoio la reputazione acquisita da Internet Explorer. Però bisogna essere giusti e dare a Microsoft quello che è di Microsoft. Internet Explorer infatti è stato il primo browser, che ha avuto il merito di portare internet nelle case di tutti. Ma con il tempo sono iniziati i guai e le alternative al browser di casa Redmond sono diventate sempre più allettanti. Inizialmente con Firefox nel 2004 e poi con Chrome nel 2008, Internet Explorer ha perso infatti sempre più fan. Tuttavia ancora il 60% di utenti che si connettono da pc fissi utilizza Internet Explorer, mentre a connettersi con il browser di casa Microsoft da smartphone e tablet è solo il 2,5% degli utenti.

Tutto su Project Spartan

Del nuovo browser di casa Microsoft con un nome da guerriero non si hanno ancora moltissime informazioni, ma cerchiamo di fare il punto sulle principali. Innanzitutto si sa con certezza che il nuovo browser sarà presente anche nella versione mobile, notizia apparentemente scontata, ma conoscendo Microsoft sappiamo che niente è ovvio. Girano indiscrezioni invece sul fatto che il browser sarà in grado di predire su quale pagina si andrà successivamente, così da caricarla e velocizzare la visualizzazione del contenuto. Ma questo è ancora tutto da confermare. Altra notizia sicura è che Spartan si baserà su un motore di rendering moderno chiamato Edge. Inoltre pare che l'azienda stia prendendo accordi con Adobe affinché il nuovo browser possa superare tutte le contraddizioni presenti in Internet Explorer. Il nuovo guerriero di Microsoft dovrebbe inoltre essere aggiornato in modo più frequente e costante e disporre di più funzioni.

Project Spartan sarà un altro flop?

È ancora presto per rispondere ovviamente, diamogli almeno il tempo di uscire, anche se molti risponderebbero basandosi sulla fiducia. Microsoft infatti, seppur abbia avuto il merito di essere stata una pioniera nel suo settore, ha collezionato negli anni numerosissimi flop. Vediamo i principali.
  • Microsoft ActiMates: lanciati nel 1997 e ritirati dal mercato solo 3 anni dopo, gli ActiMates erano dei pupazzetti a scopo educativo in grado di interagire con gli umani, in particolare i bambini. Non si sa bene perché, ma il pubblico non apprezzò i simpatici pupazzetti.
  • Microsoft Zune: lanciato nel 2006, doveva essere il rivale dell'iPod di Apple, ma forse per il suo aspetto estetico non proprio accattivante e per i numerosi problemi di compatibilità, non è mai riuscito a diventare leader del mercato.

project spartan
Microsoft Zune doveva essere il rivale dell'iPod, ma non è mai diventato leader del mercato


  • Microsoft Tablet PC: prima dell'iPad di Steve Jobs, già nel 2001 Microsoft provò a lanciare un dispositivo trasportabile sensibile al tocco, ma i tempi non erano ancora maturi e quindi anche questa idee divenne un flop.
  • MSN Smartwatch: anche questa volta Microsoft era arrivata prima, proponendo l'orologio smart nel 2004, ma l'aver bruciato i tempi si rivelò di nuovo  controproducente e l'orologio venne ritirato dal mercato l'anno successivo.
  • Windows Millennium Edition: sistema operativo ribattezzato Mistaken Edition, fu lanciato nel 2000, ma ebbe una storia sfortunatissima, segnata da numerosi bug, problemi di stabilità e compatibilità.
  • Windows Vista: lanciato nel 2007, questo è probabilmente il più grande flop di Microsoft che tutti ricordano. Un sistema operativo poco stabile, poco sicuro e soprattutto poco usato, che tuttavia viene ancora supportato da alcuni pc.
  • Windows CE: non preoccupatevi, se non l'avete mai sentito nominare è abbastanza normale. Si tratta di un sistema operativo dedicato a palmari, PDA, pocket pc e alcuni modelli di smartphone. Questo sconosciutissimo prodotto di casa Microsoft è comunque ancora in vita.
  • Microsoft BOB: questo è forse il flop più divertente. Pensate che per lui l'anno di lancio e quello di ritiro dal mercato coincidono. Correva l'anno 1995 quando Microsoft decise di lanciare questo prodotto, che doveva essere una versione semplice di Windows 95, con un'interfaccia che ricordava i cartoni animati e un assistente particolare di fiducia, il cane Bob.

microsoft bob
Microsoft Bob era un'interfaccia che prevedeva come assistente personale il cane Bob.


  • Microsoft KIN: ideato come telefono il cui cuore nevralgico dovevano essere i social network, in realtà non si è mai capito bene cosa fosse. Lanciato nel 2010 e salutato lo stesso anno, Microsoft KIN aveva numerosi problemi con la sincronizzazione dei contatti e non riusciva a supportare tutte le funzionalità di Facebook e Twitter.
  • Clippy: la simpatica graffetta dispensatrice di buoni consigli, fu in realtà odiatissima, tanto che le lamentele degli utenti indussero Microsoft a rimuoverla dai prodotti.


Microsoft ha avuto sicuramente dei meriti e non si può negare il ruolo di Internet Explorer nella diffusione dell'home computing. Tuttavia la storia dell'azienda di Redmond è segnata da numerosi flop e forse per questo siamo tutti un po' prevenuti verso il nuovo browser Project Spartan. E voi, quale browser utilizzate abitualmente? Conoscevate questi flop storici di Microsoft?



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giovedì 26 marzo 2015

Addio password, adesso ci pensa la biometria

La biometria è la nuova frontiera della sicurezza digitale, che permette agli utenti di essere identificati utilizzando diverse parti del proprio corpo, ma i dubbi e le perplessità sono ancora tanti, anche se non mancano soluzioni e proposte alternative.

biometria
La biometria sembra essere il futuro della sicurezza virtuale.


All'epoca dei tesori e lingotti d'oro c'erano i forzieri, poi pian piano ci siamo evoluti verso le casseforti, senza disdegnare un posticino sotto il materasso. Da quando però le cose più preziose da proteggere sono diventate virtuali, ci siamo abituati alle password. Spesso semplici per essere ricordate facilmente, con il passare del tempo le password sono diventate un vero problema per gli utenti, al seguito del moltiplicarsi dei canali nei quali è necessario proteggere la propria identità. Così molte volte non resta che scegliere un sistema non troppo sicuro, ovvero una password unica da utilizzare in tutti gli ambiti. Tutto questo però tra poco tempo potrebbe essere un lontano ricordo. Uno dei temi caldi della tecnologia è la biometria, ovvero l'utilizzo del corpo umano per l'identificazione sicura degli utenti. Da un po' di tempo alcuni colossi dell'hi-tech si sono lanciati nel settore. Se l'interesse verso quest'industria è alto, il motivo principale è che quello della sicurezza virtuale è un mercato miliardario che, secondo le stime, nel 2020 varrà 33 miliardi di dollari. Cerchiamo di capire quali sono i principali attori sulla scena, i dubbi e le alternative possibili.

Biometria: alcuni esempi di utilizzo

I dati biometrici sono davvero interessanti perché sono difficilissimi da riprodurre, se non a costi inarrivabili. Apple con TouchID è stata la prima ad introdurre questa novità per sbloccare gli iPhone attraverso la scansione delle impronte digitali e pare che con Apple Pay questa funzione diventerà indispensabile. Stessa cosa sta provando a fare Samsung con il Galaxy S6. Anche Microsoft si sta lanciando nell'impresa. Sembra infatti che con il nuovo sistema operativo Windows 10, che uscirà quest'estate, sarà possibile nativamente utilizzare il sistema di scansione dell'iride, del volto o delle impronte digitali.
Altra novità è 1U, una piattaforma applicativa che permette di usare il riconoscimento facciale al posto di username e password in ben oltre 15 mila siti in cui è necessario loggarsi. Anche Intel punta sul volto con TrueKey, un sistema di riconoscimento facciale che studia la geometria del viso e memorizza al suo interno tutte le password di tutti gli account.

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Tra i dati biometrici più utilizzati figura senza dubbio la scansione dell'iride.


Se impronte digitali e riconoscimento facciale sembrano essere i sistemi alternativi più popolari alle password, ne esistono però anche altri. Eyelock e Myris puntano sulla scansione dell'iride, che in circa una quindicina di secondi ti permette di essere identificato.
In arrivo ci sono anche scansioni di altre parti anatomiche più fantasiose: c'è chi sta studiando la camminata, chi il naso e chi addirittura la forma dei glutei per sbloccare le automobili.
Per cercare di regolamentare questo mercato, le aziende più importanti del settore stanno tentando di trovare degli accordi al fine di rendere questi sistemi universali. A questo proposito è nato FIDO, un consorzio di aziende che lavora per la creazione di standard e modelli da seguire, pubblicati in un report del 2014.

Biometria: un problema di fiducia

I dubbi sulla sicurezza di questi sistemi restano però tanti e molte aziende si stanno muovendo per cercare di porvi rimedio. Qualcomm ha presentato il prototipo di lettura dell'impronta usando gli ultrasuoni, che dovrebbe generare una sorta di ecografia in 3D molto più difficile da simulare. Una startup cinese ha brevettato Vkansee, un lettore che quadruplica la qualità dell'immagine scattata al dito, passando da 500 ppi a 2000 ppi, in grado di eliminare i falsi positivi. Nel sistema bancario si inizia già ad utilizzare la scansione delle vene del dito, più difficili da ricreare rispetto alle impronte.
Il problema principale, spiega David Emm, Principal Security Researcher di Kaspersky, è che quando una password viene compromessa si può sostituire, ma lo stesso non si può fare con i dati biometrici. Se questi dati non sono conservati in maniera sicura, il loro furto è molto più pericoloso di quello di una password. Sicuramente nel futuro queste tecnologie verranno perfezionate, ma bisogna mettere in conto i molti errori che verranno fatti lungo il percorso e di cui a farne le spese saranno proprio gli utenti.

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Uno dei principali dubbi sulla biometria è proprio sul fronte della sicurezza.


Biometria e dintorni

La biometria è indubbiamente affascinante, ma non è l'unica alternativa all'abbandono delle password. Yahoo! infatti si sta muovendo verso l'eliminazione delle password per l'accesso ai propri servizi tramite quelle "on demand". Il meccanismo prevede l'eliminazione del concetto di password tradizionale e l'uso di quelle usa e getta, che verranno richieste direttamente dall'utente e saranno ricevute via SMS o app, per loggarsi al servizio necessario.
Sulla stessa idea sta lavorando anche Twitter attraverso il sistema Digits, costituito da tre step: il primo passaggio prevede l'autenticazione via numero di telefono, successivamente si dà il proprio numero e infine si digita il codice ricevuto via SMS. Questi due sistemi hanno però un rischio intrinseco molto elevato, in quanto non prevedono un sistema di sicurezza in caso di furto di cellulare. Altra proposta è Yubico, che propone una serie di chiavi USB e NFC compatibili con pc, tablet e smartphone in grado di farti accedere a tutti i servizi online e offline.



Uno degli obiettivi della biometria è quello di rendere la nostra vita più dinamica e semplice, utilizzando il minor sforzo mentale possibile. Purtroppo però tutto ha un prezzo e prima di arrivare ad un sistema perfettamente sicuro, dovremo probabilmente pagarne un po' le spese. Voi utilizzate già qualcuno dei sistemi biometrici più diffusi? Avete qualche suggerimento da condividere per ricordare le proprie password nell'attesa che la tecnologia si perfezioni?




Photocredits:

1. Cor.com
2. AgeMobile
3. Daily Genius

martedì 24 marzo 2015

Mobile payment e social network: anche pagare diventa smart

Il mobile payment è in rapida ascesa e adesso anche i social network potranno essere utilizzati per scambiare denaro tra privati. Molti sono gli attori presenti sulla scena, ma non bisogna dimenticare il ruolo delle banche e le esigenze dei venditori.

mobile payment
Il sistema di pagamento tramite mobile payment è in forte crescita.


Il mercato del mobile payment è in fermento. A confermarlo è una ricerca condotta da Ipsos per Paypal, che mostra come il giro di affari in questo settore stia crescendo esponenzialmente. Le stime infatti prevedono che si passerà da 102 miliardi di dollari circa registrati nel 2013, ad oltre 290 nel 2016. Il merito di questo trend si spiega con l'utilizzo sempre crescente degli smartphone e tablet, che ormai stanno velocemente rimpiazzando i pc. Nel 2014 l'86% dei consumatori adoperava pc fissi per gli acquisti, il 9% smartphone e il 5% tablet. Le stime per il 2016 prevedono invece un calo per i dispositivi fissi che scenderanno al 79% e una crescita per gli altri due, che arriveranno rispettivamente al 14% e al 7%. I grandi colossi della Silicon Valley e non solo, si stanno preparando per diventare i protagonisti di quella che sembra essere una vera e propria rivoluzione nel sistema dei pagamenti. Vediamo un po' di fare chiarezza su tutti i principali aspetti della questione.

Samsung Pay, Android Pay ed Apple Pay

I tre colossi dell'elettronica non potevano ovviamente non farsi strada nel settore del mobile payment e la sfida tra di loro sembra davvero agguerrita. Tutti e tre infatti hanno adottato e stanno perfezionando i loro dispositivi, al fine di rendersi competitivi nel mercato della spesa mobile. L'azienda coreana ha lanciato Samsung Pay, che sbarcherà negli USA in estate, disponibile con i modelli Galaxy S6 e S6 edge. Samsung Pay è una piattaforma realizzata grazie all'integrazione con LoopPay, una società specializzata nella spesa mobile tramite l'utilizzo del protocollo MST, alla base delle bande magnetiche, e grazie ad accordi con Visa e Mastercard. Un grande vantaggio di Samsung, che è dotato sia della tecnologia NFC sia del protocollo MST, è che permetterà così agli utilizzatori di poter pagare in tutti gli esercizi commerciali dotati sia di POS tradizionale, sia di quello contactless. Il dispositivo inoltre prevederà l'autorizzazione dei pagamenti tramite impronta digitale o codice di sicurezza, previa registrazione delle proprie carte di credito, debito o prepagate nell'app.

samsung pay
Samsung Pay permetterà di effettuare pagamenti sia con i POS tradizionali che con quelli contactless.


Android Pay si configura per essere quello con le possibilità maggiori, in quanto 8 telefoni ogni 10 venduti sono Android. Pare però che, a differenza di Samsung ed Apple, Android Pay non servirà per pagare fisicamente nei negozi, ma per effettuare transazioni online, diventando così un'evoluzione di Google Wallet, lanciato nel 2011.
Apple Pay funziona invece sui modelli iPhone 6 e iPhone 6Plus, che presentano il supporto alla tecnologia NFC, mentre quelli precedenti potranno sfruttare questo servizio tramite l'Apple Watch abbinato, che permetterà di pagare in mobilità senza neanche dover tirare fuori il cellulare. Il grande problema di Apple Pay però, è che può essere accettato solo dai POS adeguati alla tecnologia NFC, a cui però la maggior parte dei rivenditori non si è ancora convertita.

Anche lo scambio di denaro diventerà social

Quella che risulta essere però la vera novità, è l'entrata dei principali social network nel mondo dei pagamenti elettronici. Il 18 marzo Facebook ha annunciato l'arrivo di un sistema per inviare denaro agli amici tramite Messanger, che si chiamerà Facebook Pay. Per il momento il lancio avverrà solo negli Stati Uniti, ma presto potrebbe estendersi al resto del mondo. Anche gli avversari di Facebook sono agguerriti. Snapchat, dallo scorso novembre, permette di inviare denaro utilizzando il servizio Snapcash. Meno conosciuta, ma con un futuro promettente, è Venmo, un'app che si scarica sullo smartphone, si collega al conto corrente e si sincronizza con i propri contatti Facebbok, permettendo lo scambio di soldi tra privati. Il potenziale per Venmo è davvero grande, in quanto è stata lanciata nel 2001 e adesso, dopo una serie di passaggi di acquisizione, è entrata a far parte di casa Paypal.
Anche Twitter l'anno scorso è sbarcata nel mercato dei pagamenti online tra privati. Il servizio al momento è disponibile solo in Francia e prevede un semplice tweet per inviare soldi ai propri contatti. Il vantaggio in più di cui si avvale Twitter per effettuare l'invio di denaro, è l'accordo con la banca francese Bcpe, che rende sicura e certifica la transazione.

facebook pay
Facebook Pay è il nuovo servizio che permette di scambiare denaro tra privati tramite Messanger.


E le banche?

Sorge spontanea una domanda: le banche staranno a guardare? C'è da dire che per il momento i grandi colossi tech non vogliono sostituirsi alle banche, ma semplicemente essere un veicolo per facilitare i pagamenti. Bisogna anche tenere presente che le transazioni economiche dispongono di regole molto stringenti, che non sarà facile sormontare. Tuttavia, anche gli istituti bancari si stanno adeguando ai tempi. Esiste il caso tutto italiano di Jiffy, un servizio di mobile payment bancario. Jiffy è un'app che consente di trasferire denaro dallo smartphone ai propri contatti associando il codice Iban al conto del numero di telefono. Al momento sono più di 10 le banche che hanno aderito al progetto, tra cui Intesa Sanpaolo, Ubi e Mediolanum.

jiffy
Jiffy è un'app per il mobile payment creata in collaborazione con diverse banche italiane.


Ultimi ma non ultimi: i venditori

Se fino ad adesso però ci siamo messi solo dalla parte dei consumatori, che hanno l'esigenza di rendere la loro vita e le loro transazioni sempre più semplici e veloci, occorre però tenere presente anche i bisogni dei venditori, che esigono la validità e l'efficacia delle transazioni. A questo proposito è nato il servizio PayPal Here, che verrà lanciato in estate nel Regno Unito e in Australia e a fine anno negli Stati Uniti. Si tratta di un lettore di carte chip e Pin abilitato NFC, che si collegherà con un dispositivo mobile via Bluetooth e consentirà di effettuare e accettare pagamenti sicuri tramite app.


In un mondo in continua evoluzione anche il Dio Denaro deve stare al passo e diventare smart. Nei prossimi anni il mobile payment e le nuove modalità di effettuare transazioni economiche saranno sempre più veloci e semplici. E voi, utilizzate già qualcuno di questi servizi? Vi fidate delle transazioni tramite mobile payment?



Photocredits:

1. Mashable
2. NFC World
3. Finance Innovation
4. Pionero



venerdì 20 marzo 2015

6 cose da sapere sui droni

Riprese aeree per cerimonie, monitoraggio orografico, concimazione di campi e caccia al ladro hanno per comune denominatore un oggetto volante identificato: il drone. Il mercato si sta poco a poco sviluppando ma nel frattempo è meglio studiarne assieme tutte le dinamiche.



Fino a qualche tempo fa sembrava ancora un tema da film di fantascienza, ora invece i nostri cieli iniziano a essere invasi da piccoli oggetti volanti terrestri: i droni.


1. Cos'è un drone?


Il drone, chiamato in gergo tecnico aeromobile da pilotaggio remoto (APR), è un velivolo che ha la caratteristica di non avere un pilota a bordo e di essere pilotato da remoto da un computer interno, da un computer esterno o dal radiocomando di un operatore a terra.
Questi oggetti volanti, come le migliori tecnologie innovative (es. Internet), sono nati dapprima per uso e scopo militare e via via estesi all'uso civile.
I droni militari hanno perlopiù sembianze di un aereo, possono essere dotati di armamenti ed utilizzati per osservare ed agire in zone belliche, senza il pericolo di perdere vite umane.
I droni per uso civile, di cui tratteremo di seguito nello specifico, volano a bassa quota fino ad un'altezza di 500 m dal suolo e hanno dimensioni ridotte ed un aspetto del tutto futuristico.


Modello di drone esacottero adatto per riprese aeree video.


2. Tipi di drone


I droni hanno forme, dimensioni, utilizzi e costi differenti, a seconda dei gusti e dell'uso che vogliamo farne.

  • il mini drone: un modello di piccole dimensioni e di modesto costo, adatto per i giocherelloni.
  • il quadricottero: modello con 4 eliche, è perfetto per il trasporto di GoPro, ha costi medi che partono da circa 350€ ed è adatto ad una fascia intermedia tra hobby e professione.
  • l'esacottero: modello con 6 eliche, viene utilizzato maggiormente per riprese video, fotogrammetria e fotografie del tutto professionali.
  • l'ottocottero: modello con 8 eliche è il non plus ultra dei droni. Perfetto per i professionisti e per portare a bordo telecamere sofisticate adatte a riprese cinematografiche. Il prezzo non è per le tasche di tutti e parte da 7.000 €.

      Drone quadricottero adatto per chi coltiva un hobby


      3. Normative ENAC per pilotare un drone


      Pilotare un drone però, non è così immediato e semplice come si pensa e trattandosi di un velivolo a tutti gli effetti è soggetto anche a diverse normative, soprattutto se per uso professionale.
      L'ENAC (Ente Nazionale Aviazione Civile), per regolare questo settore che sta vedendo una forte crescita, ha varato ad aprile 2014 diverse norme che riguardano gli operatori professionali, le scuole di addestramento e i modelli di droni stessi.
      Per pilotare un drone bisogna essere in possesso di una certificazione, rilasciata dopo aver seguito corsi e superato esami sia teorici sia pratici presso luoghi e scuole di addestramento riconosciute dall'ENAC. Inoltre, bisogna disporre anche di una polizza assicurativa RC per salvaguardarsi dalla responsabilità verso terzi e di altre certificazioni quando si opera in criticità.

      L'ENAC ha fatto un'ulteriore distinzione, regolamentando i droni in base al peso al momento del decollo.
      • Droni con peso < 25 Kg e in operazioni di volo che non presentano criticità, come ad esempio il sorvolo in aree disabitate, è sufficiente un'autocertificazione, mentre per utilizzo in aree critiche è necessaria un'autorizzazione rilasciata dall'ente.
      • Droni con peso > 25 Kg e operazioni di volo che presentano criticità, come il sorvolo di aree abitate ed industriali, sono necessarie una certificazione dell'APR e un'autorizzazione all'operatore.
      Attenti però ad osservare tutte queste regole poiché il pilotare un drone in mancanza di uno dei documenti necessari comporta a delle multe davvero salate.


      Per pilotare un drone occorre un radiocomando e un visualizzatore di immagini



      4. Scuole di addestramento per il rilascio della patente per droni


      In tutta Italia esistono una quarantina di scuole certificate da ENAC che impartiscono lezioni per il rilascio della patente per droni, per diventare operatori professionali. Una lista di tutti i centri a norma, potete trovarla sul sito dell'ENAC. Fate però attenzione a chi non ha i requisiti adatti per non incorrere in eventuali sanzioni.
      I corsi prevedono la partecipazione alla parte teorica per un totale di 40 ore circa, dove si affrontano temi impartiti dall'ENAC che comprendono:
      • Regolamentazione aeronautica
      • Meteorologia
      • Navigazione
      • Comunicazioni / telecomunicazione / telemetria
      • Regole del volo
      • Doveri e responsabilità del pilota 
      • Documenti di bordo 
      • Registrazioni macchina e pilota su logbook 
                  Al termine del corso teorico si è sottoposti ad esame che, se superato, dà accesso all'allenamento pratico della durata di circa tre weekend per 14 ore giornaliere. Il costo si aggira intorno agli 800€.


                  5. Tipi di utilizzo dei droni


                  Gli ambiti di impiego di un drone sono molteplici e toccano settori totalmente diversi tra loro.
                  • Agricoltura: i droni in agricoltura sono usati per monitorare la situazione della terra coltivata, aiutando in lavori quali la concimazione, la semina, lo spargimento di fitofarmaci e il rilevamento di mappe di vigore.
                  • Ordine e sicurezza: per sorvegliare aree di scontri, come l'inseguimento di criminali.
                  • Beni culturali e turismo: gli APR sono usati per la valorizzazione territoriale e il monitoraggio dello stato dei beni culturali.
                  • Protezione civile: per il controllo di orografia, salvaguardia del territorio come rilevamento di frane e la ricerca dei dispersi. 
                  • Foto e video: il drone per riprese viene usato in occasione di eventi, quali concerti, matrimoni e ancora per la fotogrammetria.




                        6. Prospettive di mercato nell'utilizzo dei droni


                        Attualmente l'Italia sta vivendo una crescita nell'interesse verso i droni, dato dal fatto che stanno trovando impiego non solo dal privato ma anche dal pubblico. Esempio ne è l'uso fatto dalla protezione civile in Umbria per tenere d'occhio una frana e la polizia d'Alghero per rilievi di incidenti automobilistici.
                        Al momento i droni utilizzati ed autocertificati per volare in situazioni prive di criticità ammontano a 253 esemplari e le scuole di addestramento approvate da ENAC sono più di 40.

                        Per approfondire i temi e tutto ciò che ruota attorno al mondo dei droni, è stata persino istituita una conferenza ad hoc, della durata di 2 giorni a Milano chiamata Dronitaly, che si terrà nella sua seconda edizione il 25 – 26 settembre 2015. 

                        Ci sono tuttavia alcuni argomenti ancora dolenti che potrebbero intralciare l'ascesa nel mercato dell'utilizzo dei droni. Le multe di cui ultimamente ENAC sta discutendo avrebbero lo stesso importo di quelle vagliate per l'aviazione tradizionale, creando una sproporzione molto rilevante. Inoltre l'attesa burocratica per ricevere le certificazioni opportune per il pilotaggio in aree critiche, che comprendono la maggior parte del sorvolabile in quanto zone abitate, è lunga ed onerosa.

                        Sulla scia del mercato europeo ben più sviluppato di quello italiano, molte aziende connazionali, dalle più grandi (Alenia Aermacchi e Piaggio) alle pmi, stanno investendo nel settore degli APR per costruire droni, creando in questo modo molti posti di lavoro. Ne sono esempio:
                        • Nimbus a Torino che ha costruito un drone per riprese di grandi eventi come concerti.
                        • Air Movie Lab a Roma, per costruire un drone, ha utilizzato legno e materiali ecologici.
                        • AD Precision Mechanics a Roma, ha creato il Guardian 2000, un drone poliziotto per la sorveglianza.

                        Se il lato positivo dello sviluppo di questo settore è il dare lavoro a molte persone, perlopiù per quanto riguarda progettazione, produzione e pilotaggio, è anche vero che il lato negativo sarà la perdita di lavoro di altre figure professionali. Ad esempio, i droni in agricoltura, impiegati nella concimazione e monitoraggio dei campi, faranno il lavoro svolto da 10 operai con tempi e costi minori.

                        Utilizzo di un drone in agricoltura per monitorare la maturazione dell'uva.


                        Proprio per via di questo rovescio della medaglia causato dalla tecnologia che ruba lavoro alle persone, ad Austin, capitale del Texas, si è svolta la prima manifestazione di protesta targata “stop the robots”. I passi che sta facendo la tecnologia e che gli esseri umani stanno progettando, porteranno presto ad una coscienza artificiale e le scene apocalittiche di film come Io robot e Terminator potrebbero avverarsi. La tecnologia non solo prenderebbe il nostro lavoro ma se non guardata con particolare attenzione anche sostituirci del tutto in ogni parte della vita sulla Terra. Gli stessi esperti Bill Gates e Stephen Hawking sono preoccupati per l'intelligenza artificiale e suggeriscono di tenere monitorata la situazione predisponendo enti appositi.

                        Non ci resta quindi che affidarci al nostro senso critico e di usare i droni e le nuove tecnologie con tanto buon senso, ricordandoci che le macchine servono ad aiutarci e non a sostituirci. 
                        A voi piacerebbe pilotare un drone? In quale ambito vi piacerebbe utilizzarlo o come lo utilizzereste volentieri?



                        Photocredits
                        1. UpCamera
                        2. Tecnocino
                        3. Bestdrone
                        4. Dronezine

                        giovedì 19 marzo 2015

                        Google I/O 2015: cos'è e come partecipare

                        Google ha dato il via al conto alla rovescia per la conferenza degli sviluppatori, tanto attesa dagli esperti di settore già dal termine della versione precedente. Ma per partecipare a Google I/O 2015 si deve avere davvero molta fortuna.



                        Google, il motore di ricerca più utilizzato al mondo, è diventato negli anni un vero colosso, arricchendosi di funzionalità come mappe, notizie, traduzioni ed e-mail.
                        Nella sua continua evoluzione ha creato ed acquisito piattaforme sociali (Google+ e YouTube) ed è diventato un browser con Chrome. Ora gestisce il Play Store - da cui si possono scaricare le varie app per Android - ma anche campagne pubblicitarie e tanti altri prodotti.


                        Logo Google I/O
                        Google I/O è la conferenza degli sviluppatori di Google. I sta per Input, O per Output.


                        La tecnologia muta in fretta e Google per aggiornare la propria utenza, confrontandosi su nuove tematiche, ha lanciato una conferenza di settore: la Google I/O.

                        Che cos'è Google I/O?


                        Google I/O è una conferenza per gli sviluppatori di software e comprende sessioni approfondite e tecniche sulla creazione web, mobile e tecnologie web open come Android e Chrome.
                        La conferenza degli sviluppatori si è tenuta per la prima volta nel 2008 e da allora è stata riproposta ogni anno, presso il Moscone Center di San Francisco.
                        Google I/O dura due giorni, intensi e ricchi di conferenze, workshop e stand espositivi dove provare le ultime tecnologie prima del lancio sul mercato. Un vero paese dei balocchi per tutti i nerd della tecnologia.
                        Google ha pensato proprio a tutto, inserendo nella sua agenda non solo l'utile ma anche il dilettevole: regali e cibo a volontà. Ad ogni visitatore spettano infatti dei gadget tecnologici nuovi di zecca, rinfreschi gratis per tutta la durata del programma e after hours.

                        Smartwatch Samsung Gear S
                        Lo Smartwatch è stato un gadget del Google I/O 2014

                        Nell'edizione precedente di Google I/O - tenutasi il 25 e il 26 giugno - i visitatori hanno ricevuto oggetti come smartwatch Samsung, Motorola e LG.

                        Alcuni dei temi bollenti di Google I/O 2014 sono stati:

                        • Android Auto: permette ai dispositivi mobili con sistema Android di essere riprodotti nel cruscotto delle auto. 
                        • Google Docs: programma di condivisione online di documenti modificabili da più utenti in tempo reale.
                        • Android Wear: sistema operativo per smartwatch che integra anche Google Now

                        Come partecipare al Google I/O 2015?


                        Per partecipare a Google I/O 2015 è necessario disporre di un badge da ritirare sia il giorno precedente alla conferenza, sia la mattina stessa dell'inizio dell'evento.
                        Ottenere il pass d'entrata non è però un gioco da ragazzi e serve davvero tanta fortuna! 
                        Google ha infatti pensato bene di estrarre i fortunati partecipanti, tra coloro che si sono preventivamente iscritti dal sito e che sono pienamente qualificati.
                        Google I/O 2015 si terrà il 28 e il 29 maggio 2015 ma per registrarsi all'evento si hanno a disposizione solamente due giorni e, per noi italiani, le iscrizioni sono partite il 18 marzo e finiranno il 20.
                        La quota di iscrizione generale ammonta a 900$, mentre per l'ammissione accademica, in cui rientrano studenti, professori e funzionari di scuole superiori e universitarie, l'importo è di 300$.

                        Google però ha pensato anche a chi non potrà essere fisicamente presente in California, creando i Google I/O extended events. I due giorni di conferenza possono essere seguiti in diretta in tutto il mondo: via streaming attraverso il loro sito o in gruppo assieme ad altri colleghi sviluppatori. 
                        Per identificare la location più vicina a casa propria, si può usare il localizzatore sulla pagina ufficiale dell'evento. Al momento in Italia si può assistere da Trento, Verona, Napoli e Palermo ma nulla vieta di fare gli onori di casa ed organizzare un extended event nel proprio ufficio.

                        La programmazione della conferenza degli sviluppatori di Google è ancora sconosciuta e sarà mantenuta estranea al restante pubblico fino al termine dell'evento, tant'è che anche i posti per la stampa sono davvero limitati.



                        Ci aspettiamo però nuovi aggiornamenti sul tema Android e su futuri dispositivi portatili e, nell'attesa che arrivi maggio per saperne di più, non resta che guardare assieme i punti salienti di Google I/O 2014.

                        Voi cosa ne pensate di queste conferenze settoriali di Google? Ne avevate mai sentito parlare prima? Dopo aver visto il video del Google I/O 2014 non vorreste partecipare anche voi?



                        Photocredits:

                        1. MERCURY 
                        2. CNET

                        mercoledì 18 marzo 2015

                        Facebook e Twitter: i nuovi regolamenti contro abusi e revenge porn

                        Facebook e Twitter, i due social media più usati per comunicare e pubblicare contenuti, hanno natura e CEO ben differenti ma entrambi condividono le stesse idee in ambito di privacy e di tutela dalla violenza online che li ha portati ad aggiornare le rispettive regolamentazioni.


                        Dall'avvento del computer e soprattutto di queste piattaforme virtuali, si è fatto via via più crescente l'abuso della rete a soli fini di scherno e di derisione ampliando allo stesso tempo la forza distruttiva che genera.
                        Proprio in questi ultimi giorni, i piani alti di Facebook e Twitter hanno aggiornato e integrato le condizioni d'uso dei due social media. Vediamo insieme in che modo hanno agito.

                        Le nuove condizioni d'uso di Facebook


                        Facebook ha fornito una lista dettagliata e aggiornata di pratiche non accettate, vietando sia contenuti inappropriati, come immagini a sfondo sessuale ed incitamenti al cyberbullismo, sia la presenza di account appartenenti a organizzazioni di tipo terroristico.
                        La tutela degli utenti e del pubblico sensibile è fondamentale, anche se il delineare nuovi punti a difesa delle categorie deboli non trova sempre facile applicazione, soprattutto se ogni stato ha le sue leggi. Infatti, all'interno di alcune nazioni possono essere ritenuti illegali contenuti che però non violano i regolamenti Facebook o non ritenuti offensivi da esso. 
                        Monika Bickert (capo della gestione di politica globale di Facebook) ne riporta esempio in un recente post sul blog aziendale: la blasfemia, che in alcuni paesi viene considerata fuori legge ma non ritenuta offensiva dal social, deve essere oscurata in quegli stessi paesi e con essa i post correlati.

                        Facebook ha recentemente aggiornato gli standard della comunità per tutelare gli utenti.


                        Le condizioni d'uso di Facebook sono quindi state divise in due categorie ben distinte:

                        Global Government Requests Report: qui vengono riportate tutte le richieste di restrizione da parte dei governi nazionali. Facebook valuta attentamente le pretese avanzate dagli stati in merito a contenuti inappropriati e, qualora la richiesta appaia esagerata, può decidere di oscurare tali post nei paesi in cui sono ritenuti illegali.

                        Communitystandards: riguardano le regole generali della community di Facebook su argomenti ritenuti non idonei e non permessi. Eccone alcuni punti:
                        • identità e privacy: divieto di utilizzare identità di terzi
                        • autolesionismo: rimozione di contenuti che fomentano l'autolesionismo
                        • cyberbullismo: presa di provvedimenti su segnalazioni 
                        • violenza e minacce: rimozione contenuti e provvedimenti legali verso atti reali di violenza
                        • nudo: limitazioni in pubblicazioni di immagini che ritraggono parti del corpo nude, differenziando dai nudi artistici stile David di Michelangelo.

                        Terrorismo vs. Social Media


                        La minaccia di gruppi terroristici come il recente ISIS non lascia scampo nemmeno alle nostre piattaforme sociali preferite, come Facebook, Twitter, Instagram e Youtube.
                        Questi social network sono stati presi d'assalto ed utilizzati per pubblicità gratuita ed adescamento di nuovi adepti da tutto il mondo, per i movimenti islamici.
                        Pensiamo alle esecuzioni in alta definizione postate su Youtube e al convincimento di ragazze occidentali a sposare martiri jihadisti attraverso Facebook.

                        Mentre Facebook scoraggia la presenza di account appartenenti a gruppi terroristici, il cinguettante Twitter, nel tentativo di decidere quali provvedimenti prendere e quali strategie utilizzare, brancola ancora nel buio.

                        Questo social media ha però le idee chiare su contenuti di nudo e su una pratica altrettanto importante diventata, proprio in questi ultimi giorni, oggetto di norme più severe: il revenge porn.

                        La lotta dei social contro il porno


                        Ma di cosa si tratta? 
                        Il revenge porn o porno da vendetta è la pratica sempre più alla moda, di pubblicare su internet foto che ritraggono nudi i propri ex, senza che questi ne abbiano dato il consenso.
                        Sempre più spesso, infatti, per vendicarsi degli allora partner, la gente sceglie di ricorrere alla rete attraverso i principali social media, in quanto mezzi con cui ottenere maggiori risultati.
                        Il porno da vendetta è quindi usato per imbarazzare e per gettare fango sulle persone ritratte.
                        Le vittime mietute sono in gran parte donne e anche le celebrità americane non sono state incolumi.

                        Jennifer Lawrence, l'attrice di Hunger Games, è stata vittima del revenge porn.


                        Paesi come Israele e Germania e alcuni stati appartenenti agli USA hanno stipulato leggi contro questa pratica e per tutti gli altri stati, come l'Italia, non resta che affidarsi alle regolamentazioni dei social network. 
                        Twitter è corsa ai ripari proprio in questi giorni, aggiornando regole e condizioni d'uso: d'ora in poi tutti i link a immagini e video compromettenti pubblicati senza consenso verranno rimossi e l'autore si troverà l'account bloccato.


                        La rimozione di contenuti non permessi da parte dei due social network però non è del tutto automatica, data anche l'elevata quantità di post, immagini e video che gli utenti pubblicano ogni giorno da tutto il mondo che rende impossibile un lavoro di monitoraggio a 360°.
                        Facebook e Twitter, ma anche tutte le altre piattaforme sociali, chiedono aiuto proprio ai loro utenti nel collaborare al rilevamento di account fuori legge e post inadatti al social tramite le segnalazioni.

                        Come segnalare contenuti inappropriati?


                        Segnalare i contenuti inappropriati che violano le condizioni d'uso di Facebook e Twitter è davvero semplice e le due piattaforme hanno un funzionamento simile.

                        Per segnalare su Facebook post fuori legge è necessario cliccare sul triangolino in alto a destra dell'elemento stesso, selezionare la terza voce “segnala post” e scegliere quale punto corrisponde alla violazione. Non temete, le vostre segnalazioni sono del tutto anonime!
                        Se poi il contenuto non vi piace per altri motivi, Facebook vi dà la possibilità di nascondere direttamente il post dalla vostra homepage, sempre tramite la freccia a destra del post.

                        Con le nuove community standard Facebook ha pubblicato un video chiarificatore sui vari passaggi che bisogna intraprendere per segnalare un utente o un post.




                        Le Community Standards di Facebook su Vimeo.


                        Per segnalare su Twitter i contenuti ritenuti inappropriati basta cliccare su “Altro” al fondo del tweet, andare su segnala e specificare di quale violazione si tratta. 
                        Per segnalazioni più serie e importanti come sfruttamento sessuale minorile e minacce di violenza, Twitter mette a disposizione form più dettagliati, raggiungibili dal centro assistenza.

                        Insomma, i social creano le regole e la responsabilità e il compito di segnalare contenuti inappropriati resta in mano ai singoli utenti, che diventano a tutti gli effetti garanti dell'ordine social.
                        Voi cosa ne pensate delle nuove norme adottate da Facebook e Twitter? Vi è mai capitato di leggerle davvero e magari segnalare qualcuno?



                        Photocredits:

                        1. GIORNALETTISMO
                        2. SALON

                        martedì 17 marzo 2015

                        Da Shazam alla stampante 3D: il potere è nelle immagini del futuro

                        Dopo aver spopolato sul mobile nell'individuare brani musicali, Shazam si evolve e progetta la conquista del riconoscimento per immagini. Il tutto aleggia ancora nel mistero ma la notizia ci fa subito pensare al rilevamento degli oggetti nella stampa 3D.


                        Quante volte è capitato di ascoltare per radio un brano musicale e non riuscire a ricordarsi il titolo o di non conoscerlo affatto e per venirne a capo si provava a digitare su Google pezzi di frasi?
                        Shazam ha semplificato la vita di 100 milioni di utenti attivi al mese grazie al riconoscimento di canzoni vecchie e nuove anche in meno di 1 secondo.
                        Shazam nasce nel 2002 a Londra, allora conosciuto con un altro nome o meglio, con un altro numero: 2580. Chiamando infatti queste quattro cifre si faceva ascoltare il brano sconosciuto ricevendo per sms il titolo della canzone.

                        Tempo ne è passato e il numero da chiamare si è trasformato e cresciuto, aggiungendo funzionalità diverse, creando collegamenti con altre applicazioni come Spotify e Deezer per l'ascolto e l'acquisto diretto dei brani ma accaparrandosi anche altre app competitrici come Soundhound e Midomi.



                        I tre passaggi fondamentali di Shazam per riconoscere una canzone.

                        La differenziazione sul mercato in questi casi è fondamentale e Shazam ha in serbo una grande sorpresa per i suoi utenti e i potenziali tali, ricorrendo al potere evocativo delle immagini.
                        Durante il Mobile World Congress di Barcellona, il CEO di Shazam, Rich Riley ha infatti rivelato alla rivista Reuters che presto l'app sarà in grado di riconoscere le immagini cliccando sullo stesso bottone a S. 


                        Ma come funziona la ricerca per immagini? 

                        In realtà non è ancora del tutto chiaro, poiché il progetto è ancora in fase embrionale ma si vocifera che basterà fotografare l'oggetto per risalire ad alcune informazioni. Dall'immagine di copertina di un DVD al re-indirizzamento alla colonna sonora o si pensa anche alla scansione del codice a barre di una confezione di alimenti per scoprirne calorie e valori nutrizionali.
                        Il metodo di ricerca per immagini e di scansione di un codice però, non è del tutto innovativo. Basti pensare all'esistenza del QR Code che decodifica un simbolo bidimensionale rimandando ad informazioni approfondite sul locale o sull'oggetto o a Google Goggle che utilizza le immagini per indicare di cosa si tratta.
                        Si parla anche di eventuali collaborazioni con queste applicazioni già esistenti, ma per accaparrarsi altre fette di mercato e fare la differenza Shazam potrebbe puntare ad altri settori in crescita, come la stampa 3D ad esempio.

                        Chissà che l'app della musica non pensi a sviluppare così tanto la funzionalità della ricerca per immagini per creare e riprodurre tramite stampante 3D l'oggetto appena scansionato. O diventare essa stessa un nuovo software per la stampa tridimensionale e approdare su un nuovo mercato, in costante espansione.
                        L'Apple store già offre alcune applicazioni con cui scattare foto in 3D, rendendo l'iPhone uno scanner per la terza dimensione, pronto per essere collegato alla stampante 3D.


                        Ma cos'è esattamente la scansione e la stampa 3D? 

                        La stampa 3D permette di creare in breve tempo un vero e proprio oggetto, stampando strato su strato tipi diversi di materiale a seconda dell'utilizzo e della natura dell'oggetto. I materiali più usati sono i polimeri ma trovano applicazione anche metalli, tessili e composti edibili.
                        La stampa 3D fa uso di modelli in 3D creati direttamente al computer o ottenuti tramite la scansione di un oggetto già esistente. Lo scanner 3D infatti, utilizza un laser per calcolare la distanza dall'oggetto, rilevarne tutte e tre le dimensioni dopodiché, tramite un apposito software, si possono decidere ed impostare i vari parametri di stampa.




                        Questa tecnica innovativa permette di realizzare elementi molto diversi tra loro e appartenenti a settori differenti come:

                        • l'architettura e l' edilizia: un'azienda cinese ha costruito 10 case ricorrendo a pezzi stampati in 3D;
                        • la sanità: le protesi in 3D permettono un'aderenza e una precisione dei movimenti meno difficoltosa;
                        • l'educazione: l'azienda dei Lego ha dichiarato di voler produrre i mattoncini con questa nuova tecnica;
                        • l'alimentare: la Barilla vuole utilizzare la stampa 3D per produrre nuovi tipi di pasta.
                        L'utilizzo a livello industriale di questa tecnologia che sfrutta le tre dimensioni permette di velocizzare molto il processo produttivo evitando sprechi di materie prime e allo stesso tempo di realizzare ad hoc e di personalizzare il prodotto finale senza costi aggiuntivi. Creare un prodotto unico, all'interno del processo industriale tradizionale che utilizza la catena di montaggio dando vita a oggetti standardizzati, diventa alquanto oneroso sia per l'azienda sia per il cliente.

                        La stampante 3D è quindi il futuro della creatività, del fatto in casa e della personalizzazione di massa tant'è che a cavalcare l'onda della stampa 3D ci sono anche alcune aziende italiane, di cui tre nel Nord Italia:
                        • FABLAB a Torino, un laboratorio in cui creare i propri oggetti 3D utilizzando le tecnologie messe a disposizione dal centro, previa prenotazione
                        • 3D HUBS a Milano che permette di individuare negozi ed attività milanesi che mettono a disposizione le stampanti 3D
                        • STAMPA 3D a Bologna che con il progetto Mini–me offre la possibilità di creare un modellino di se stessi attraverso la scansione e la stampa 3D.

                        Un modellino Mini-me realizzato con la stampa 3D



                        Ma quanto costa stampare 3D?

                        Lo sviluppo e la crescente domanda della stampa in 3D sta abbassando notevolmente i costi tanto che una stampante 3D – prezzo che parte da 600€ - può essere acquistata anche da privati per riproduzioni e stampe personali.
                        La creazione di modelli tridimensionali, indispensabili per poter usare quel tipo di stampante, non è invece accessibile a tutti per via delle conoscenze dei software necessari. Per ovviare a questo problema ci hanno pensato altre aziende e startup, nate proprio con l'intento di fornire in open source modelli 3D da scaricare gratis e da utilizzare con la propria stampante a casa o a lavoro se si tratta di aziende. 

                        Se invece si vuole essere del tutto autodidatti, non è detto che in futuro la nuova funzionalità di Shazam accorra in nostro aiuto permettendoci di catturare un'immagine nelle tre dimensioni, di collegare il dispositivo mobile alla stampante 3D ed ottenere in poco tempo l'oggetto desiderato. 

                        E voi, cosa ne pensate del progetto di Shazam? Potrebbe veramente diventare uno strumento per la scansione e la stampa 3D industriale ed amatoriale? Cosa vi stampereste se ne avreste i mezzi?


                        Photocredits:
                        1Shazam
                        2Mini-Me

                        venerdì 13 marzo 2015

                        Facebook o YouTube? L'importante è che sia video marketing

                        A 10 anni dalla sua nascita, YouTube sembra perdere il primato a livello mondiale per la diffusione di video. Le aziende che adottano strategie di video marketing stanno infatti spostando la loro attenzione sul social di Zuckerberg, ma YouTube sembra aver trovato una via d'uscita.

                        youtube video marketing
                        YouTube, il colosso del video streaming, è stato sorpassato da Facebook.


                        Il prossimo 23 aprile YouTube compirà 10 anni e per l'occasione ha creato un video con i momenti più significativi della sua storia. I festeggiamenti però hanno un retrogusto un po' amaro. Il colosso del video streaming infatti perde la competizione con il rivale Facebook, che ha recentemente introdotto la possibilità di creare e diffondere video. Questa novità è stata subito recepita dalle aziende, soprattutto quelle americane, che adottano la strategia del video marketing per far conoscere il proprio brand.

                        Facebook batte YouTube nel video advertising

                        facebook batte youtube nel video marketing
                        Ecco i dati che mostrano il sorpasso di Facebook a dicembre 2014.


                        Non è un'indiscrezione. Secondo uno studio di Socialbakers le aziende, a livello mondiale, hanno postato più di 20 mila video su Facebook rispetto a YouTube nel 2014. Fino ad un anno fa YouTube era chiaramente il leader indiscusso nel settore della diffusione di video, ma a partire da gennaio 2014 i responsabili della comunicazione aziendale hanno iniziato a spostare la loro strategia di video marketing direttamente su Facebook. Quello che risulta è che ad un anno dal monitoraggio l'azienda del giovane Zuckerberg ha sorpassato la rivale. Il motivo principale è probabilmente dovuto alla capacità di Facebook di generare interazioni come nessun altro social media è in grado di fare. A dicembre 2014 infatti più dell'80% di tutte le interazioni video avvenivano su Facebook. Le aziende, in cerca di un costante coinvolgimento dei propri consumatori, hanno intercettato questa tendenza e per il momento sembrano propense a restare su Facebook per le loro attività di video advertising.


                        Perché le aziende devono puntare sul video marketing

                        A prescindere dal social media utilizzato, quella del video marketing è un'ottima strategia di comunicazione virale. Non solo le grandi aziende, ma anche e soprattutto le piccole e medie imprese dovrebbero puntare sul video advertising per far conoscere il proprio brand. Infatti i vantaggi di questo mezzo risiedono soprattutto nei costi estremamente contenuti. L'importante però è tenere presente alcuni punti fondamentali:

                        1. i video caricati sui social media non sono spot pubblicitari: per quello c'è la televisione
                        2. la chiave del successo è quella di raccontare una storia intorno al proprio brand, che coinvolga e fidelizzi il cliente
                        3. il prodotto o il brand va inserito, ma in modo discreto
                        4. non importa se deciderete di divertire, commuovere o far riflettere il vostro pubblico: l'importante è che suscitiate emozione
                        5. scegliete una buona musica, ha un ruolo fondamentale nel successo di un video
                        6. la gente ha poco tempo e quando ne ha si distrae facilmente: un buon video deve essere breve (1-3 minuti) e d'impatto
                        7. non sottovalutate tutte le possibili funzioni di un video: promuovere un prodotto, un servizio, un evento, ma anche fornire servizi post-vendita.

                        Video advertising: la nuova rotta di YouTube

                        youtube kids video marketing
                        Lo scorso febbraio YouTube ha lanciato la piattaforma per i bambini.


                        Se è vero che il trend del momento per le aziende è quello di essersi spostate da YouTube a Facebook, l'azienda di Zuckerberg non deve cantare vittoria troppo presto. YouTube infatti sta esplorando nuove vie, tra cui la più interessante è la creazione di tante piccole piattaforme video targettizzate. Un esempio già lanciato lo scorso febbraio è YouTube Kids, un'applicazione per Android dedicata ai bambini. Grazie all'app i bambini potranno accedere ad una versione semplificata della piattaforma con contenuti selezionati ed appropriati alla fascia d'età. Questa strategia ha un enorme potenziale: creando piattaforme specifiche per profili di utenti diversi, le aziende potranno ottimizzare la loro strategia di video marketing, aumentando le loro possibilità di arrivare al target desiderato.


                        Nell'attesa che YouTube perfezioni la sua strategia non ci resta che continuare a monitorare l'andamento di questo trend per capire dove conviene di più postare i propri video. E voi, siete ancora degli affezionati youtuber? Se siete una piccola o media realtà, utilizzate strategie di video marketing?




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                        1. Data24News
                        2. Socialbakers
                        3. CNN Money

                        giovedì 12 marzo 2015

                        Apple Watch: quando la moda diventa hi-tech

                        L'era dell'orologio smart è ormai arrivata e la Mela si prepara al lancio di Apple Watch. Il dispositivo avrà numerose funzionalità, sarà trendy o raffinato all'occorrenza e personalizzabile. L'unico problema? Dovrete essere dei piccoli Paperon de' Paperoni per permettervelo.

                        apple watch
                        Il 24 aprile esce Apple Watch, l'orologio smart della Mela.



                        Manca poco più di un mese all'uscita di Apple Watch, il tanto atteso e discusso orologio hi-tech creato dall'azienda di Cupertino. La suspense pre-lancio è alle stelle e le voci sulle caratteristiche, le funzionalità e i prezzi stuzzicano la curiosità dei fan della Mela, ma non solo. Italiani calma però, qui il lancio non è previsto. I fortunati paesi in cui sarà acquistabile l'Apple Watch sono infatti solo Australia, Canada, Cina, Francia, Germania, Giappone, Hong Kong, Regno Unito e Stati Uniti.

                        Caratteristiche, funzionalità e prezzi di Apple Watch

                        Vediamo un po' com'è fatta adesso l'ultima attesissima star di casa Apple. Innanzitutto saranno disponibili 3 versioni, ognuna con le sue specifiche particolarità, tutte però disponibili in due varianti, quella più femminile con la cassa da 38 millimetri e quella più mascolina da 42 millimetri. Il primo modello è Watch Sport, dotato di una cassa di alluminio anodizzato color argento o grigio siderale, un display Retina protetto da vetro Ion-X rinforzato e cinturino Sport in gomma policromatica. Questo è anche il modello meno caro, il prezzo base è infatti 349 dollari. Per gli straccioni insomma.
                        Il secondo modello, più casual, è Watch, dotato di cassa in acciaio inossidabile di colore naturale o nero siderale e un display Retina protetto da vetro zaffiro. Il cinturino è a scelta tra tre modelli in pelle, un bracciale a maglie in acciaio inossidabile, un loop in maglia milanese e il cinturino Sport bianco o nero del modello precedente. Qui il prezzo base è 599 dollari, ma il costo può salire anche molto di più a seconda della tipologia di braccialetto scelto.
                        Il terzo modello è il raffinato Apple Watch Edition. Sempre dotato di display Retina, questa volta è incastonato all'interno di una cassa in leghe d'oro rosa o giallo 18 carati. In questo caso il cinturino è a scelta tra bracciali con fermagli o fibbie sempre in oro. Se il costo vi fa paura fate bene. Il prezzo base è infatti di 5.999 dollari e anche in questo caso può volare ancora più in alto.
                        I modelli sono quindi personalizzabili e per sapere cosa scegliere è stato creato Mix Your Watch, una piattaforma online in cui potrete sbizzarrirvi con le combinazioni che preferite dell'orologio, in modo da arrivare preparati e con le idee chiare al grande giorno. Attenzione però, non è stato creato da Apple, quindi non c'è alcuna garanzia che i modelli proposti siano effettivamente disponibili.

                        apple watch modelli
                        I tre modelli di Apple Watch: Watch Sport, Watch e Watch Edition.


                        Oltre ad essere bello, Apple Watch è anche smart. La caratteristica principale è la Corona Digitale, un dispositivo per scorrere, fare zoom e navigare nell'orologio senza coprire il quadrante con il dito. Altra funzionalità è la già conosciuta Siri, l'applicazione che permette di dare comandi vocali grazie al microfono integrato. Anche il display non è mica male. Dotato di un dispositivo Force Touch, riconosce la differenza fra un tap e una pressione vera e propria per azionare i comandi. Altra caratteristica è la possibilità di comunicare con un altro Apple Watch, inviando notifiche o disegni ad un amico. Se state pensando di farvi un bel regalo di coppia pensateci bene però, grazie alla batteria che dura almeno 18 ore la scusa che vi si è scaricato il cellulare non reggerà più.

                        Apple Watch: ecco le app principali


                        apple watch app
                        Apple Watch avrà numerose app, molte incluse, altre acquistabili presso l'Apple Store.


                        Com'è facile immaginare, a rendere davvero speciale l'orologio della Mela, saranno le app che potrete integrare. Tra le principali che troverete già incluse ci sono l'app per i messaggi e le mail, quella per le telefonate, per il fitness, la musica, il meteo, le foto, le mappe e addirittura il telecomando. L'azienda di Cupertino però punterà molto anche sulle app acquistabili presso l'Apple Store. Vediamo quali sono le principali:

                        1. Instagram: sarà possibile controllare i feed, mettere "Mi piace" e commentare le foto con le emoji
                        2. Twitter: si verrà avvisati all'arrivo di un nuovo tweet, si potrà ritwittarlo, aggiungerlo ai preferiti e twittare grazie alla funzione di dettatura
                        3. TripAdvisor: sarà possibile avere sempre a portata di mano tutte le informazioni riguardanti ristoranti, posti da vedere e attrazioni turistiche
                        4. eBay: per tenere sempre sott'occhio le aste, rilanciare e ricevere notifiche
                        5. Shazam: con un semplice tap sarà possibile identificare un brano, ma anche cantare grazie al testo della canzone che comparirà sincronizzato sul display.

                        Queste sono davvero solo alcune delle app incluse o che sarà possibile comprare. Per avere l'elenco completo basta semplicemente andare sulla pagina dedicata di Apple. Attenzione però, gira voce che le app avranno una durata massima di utilizzo di 10 secondi. L'azienda di Cupertino infatti, per motivi di sicurezza, pare tenda a scoraggiare un uso prolungato del dispositivo. Su questo punto un po' controverso ci saranno sicuramente delle evoluzioni, quindi stay tuned.


                        Il 24 aprile sta arrivando e anche se per il momento in Italia l'Apple Watch non sarà disponibile possiamo comunque iniziare a fantasticare un po'. E voi, sareste disposti a pagare centinaia di dollari per averlo? Quali applicazioni credete siano più utili da incorporare in un orologio?



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                        1. Mobile World
                        2. Forbes
                        3. GenX i Social Buzz